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PAPA FRANCESCO
UDIENZA GENERALE INTERRELIGIOSA
IN OCCASIONE DEL 50° ANNIVERSARIO DELLA PROMULGAZIONE DELLA DICHIARAZIONE CONCILIARE "NOSTRA AETATE"
Piazza San Pietro
Mercoledì, 28 ottobre 2015



Introduzione all'Udienza Generale:
Intervento del Card. Jean-Louis Tauran
Intervento del Card. Kurt Koch
Catechesi del Santo Padre

Intervento del Card. Jean-Louis Tauran

Santità,
Cinquant’anni sono trascorsi dalla promulgazione della Dichiarazione Conciliare Nostra aetate, quando la Chiesa, ponendosi in ascolto di un mondo in rapido cambiamento, ha cominciato in modo deciso a invitare i suoi membri a promuovere relazioni di rispetto, di amicizia e di dialogo con persone di altre religioni.

Sono qui presenti, tra gli altri, i partecipanti al Convegno Internazionale sulla Nostra aetate, che si sta svolgendo presso la Pontificia Università Gregoriana, e rappresentanti di varie religioni. Ci dà speranza, nella nostra comune ricerca della pace, la promessa del profeta Isaia: “Il Signore strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli” (Is 25, 7).

Del cammino verso quel monte, che talora è stato una salita faticosa, ma sempre esaltante, in questi primi cinquant’anni, noi, radunati tutti qui oggi con Lei, Padre Santo, siamo testimoni, eredi e protagonisti.

Grazie per la Sua luminosa testimonianza, che c’incoraggia a proseguire sulla strada del dialogo interreligioso, andando incontro agli altri credenti con una chiara consapevolezza della nostra identità, ma con uno spirito di grande rispetto, stima e amicizia, pronti a operare insieme con chi prega e pensa in maniera diversa da noi.

Grazie, Padre Santo, per i Suoi incessanti e instancabili inviti, rivolti a noi credenti e a tutti gli uomini e le donne di buona volontà, ad adoperarci per la pace eliminando le ingiustizie e le disuguaglianze, e a prenderci cura della nostra casa comune.

Oggi, radunati qui a Roma, intorno a Lei, Successore di Pietro, vogliamo pregare per la pace - com’è accaduto in passato nelle Giornate di Assisi, e testimoniare davanti a tutto il mondo che la fraternità universale è possibile. Grazie.


Intervento del Card. Kurt Koch

Santo Padre,
È per me una gioia ed un onore poterLa salutare qui in Piazza San Pietro, anche a nome dei rappresentanti della comunità ebraica che partecipano al Convegno Internazionale in occasione del 50º anniversario della promulgazione di “Nostra aetate”, ed in particolare a nome della delegazione del World Jewish Congress. L’udienza odierna è un importante contributo all’approfondimento di quella “cultura dell’incontro” tra le persone, i popoli e le religioni che le sta molto a cuore, Santo Padre.

Un incontro foriero di promesse ebbe luogo anche all’inizio del processo che condusse alla stesura di “Nostra aetate”. Si tratta del colloquio avvenuto il 13 giugno del 1960 tra il Santo Papa Giovanni XXIII e lo storico ebraico Jules Isaak, che aveva presentato al Sommo Pontefice un Denkschrift con l’urgente richiesta di promuovere una nuova visione dei rapporti tra la Chiesa e l’ebraismo. Dopo solo pochi mesi da questo incontro, Papa Giovanni XXIII assegnava il compito di preparare, per il Concilio, una Dichiarazione sul popolo ebraico. Tale testo fu infine introdotto come quarto articolo nella Dichiarazione sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane.

Questo articolo rappresenta non solo il punto di partenza, ma il fulcro stesso dell’intera Dichiarazione “Nostra aetate”. Di fatti, la Chiesa ha con il popolo ebraico una relazione del tutto particolare, come si legge già nella prima frase: “Scrutando il mistero della Chiesa, il sacro Concilio ricorda il vincolo con cui il popolo del Nuovo Testamento è spiritualmente legato con la stirpe di Abramo “ (Nostra aetate 4). Alla luce di questa comunione che esiste tra ebrei e cristiani nella storia della salvezza, il Concilio mette in evidenza le radici ebraiche della fede cristiana e riconosce il grande “patrimonio spirituale comune” a cristiani e ad ebrei. Il Concilio deplora inoltre ogni odio e manifestazione di violenza rivolti, anche da parte cristiana, contro il popolo ebraico e condanna ogni forma di antisemitismo.

“Nostra aetate” è considerata a ragione il documento di base e la Magna Charta di una fruttuosa relazione tra la Chiesa cattolica ed il popolo ebraico. Nel 50º anniversario di questa Dichiarazione, possiamo ricordare con gratitudine che anche dopo il Concilio tutti i Pontefici che si sono susseguiti hanno confermato ed approfondito le prospettive incoraggianti che si fondano in “Nostra aetate”. Santo Padre, lei ha di volta in volta ribadito il Suo grande apprezzamento per il popolo ebraico; in particolare, lo ha espresso durante la Sua visita in Terra Santa con la Sua preghiera al Muro del Pianto e la Sua toccante riflessione presso il Memoriale di Yad Vashem.

Ai giorni nostri, in un momento in cui risorgono purtroppo nuove ondate di antisemitismo, lei, Santo Padre, ricorda incessantemente a noi cristiani che è impossibile essere al contempo un cristiano ed un antisemita. Per questo Suo chiaro messaggio e per la benevolenza che Ella ha sempre mostrato verso i nostri fratelli e le nostre sorelle ebraici, La ringrazio di cuore, anche a nome dei rappresentanti ebraici qui presenti e di tutta la comunità ebraica, e chiedo su di noi la Sua beracha. Schalom!

Parole del Santo Padre ai malati e disabili riuniti nell'Aula Paolo VI all'inizio dell'Udienza Generale
Buongiorno a tutti! Voi siete qui oggi non perché vi abbiamo messi in galera!, ma perché il tempo è brutto e pioveva. Adesso credo che abbia smesso ma è instabile, così voi siete più comodi e tranquilli e potete vedere l’udienza dal maxischermo. E io dirò a quelli che sono in piazza che voi siete qui e così ci salutiamo e siamo tutti insieme. Vi prego di pregare per me, e io prego per voi.
Potete offrire a Gesù i dolori della malattia: le malattie sono brutte tutte, tutte; possiamo offrire a Gesù e andare avanti e chiedere la grazia, nella tristezza e nei dolori, di non perdere la speranza. La speranza che ci darà la gioia.
Adesso preghiamo insieme l’Ave Maria e vi do la benedizione. [Ave Maria]
Buona udienza da qui e pregate per me!



CATECHESI DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Nelle Udienze Generali ci sono spesso persone o gruppi appartenenti ad altre religioni; ma oggi questa presenza è del tutto particolare, per ricordare insieme il 50° anniversario della Dichiarazione del Concilio Vaticano II Nostra ætate sui rapporti della Chiesa Cattolica con le religioni non cristiane. Questo tema stava fortemente a cuore al beato Papa Paolo VI, che già nella festa di Pentecoste dell’anno precedente la fine del Concilio, aveva istituito il Segretariato per i non cristiani, oggi Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. Esprimo perciò la mia gratitudine e il mio caloroso benvenuto a persone e gruppi di diverse religioni, che oggi hanno voluto essere presenti, specialmente a quanti sono venuti da lontano.

Il Concilio Vaticano II Ã¨ stato un tempo straordinario di riflessione, dialogo e preghiera per rinnovare lo sguardo della Chiesa Cattolica su se stessa e sul mondo. Una lettura dei segni dei tempi in vista di un aggiornamento orientato da una duplice fedeltà: fedeltà alla tradizione ecclesiale e fedeltà alla storia degli uomini e delle donne del nostro tempo. Infatti Dio, che si è rivelato nella creazione e nella storia, che ha parlato per mezzo dei profeti e compiutamente nel suo Figlio fatto uomo (cfr Eb1,1), si rivolge al cuore ed allo spirito di ogni essere umano che cerca la verità e le vie per praticarla.

Il messaggio della Dichiarazione Nostra ætate Ã¨ sempre attuale. Ne richiamo brevemente alcuni punti: 
- la crescente interdipendenza dei popoli (cfr n. 1);
- la ricerca umana di un senso della vita, della sofferenza, della morte, interrogativi che sempre accompagnano il nostro cammino (cfr n. 1);
- la comune origine e il comune destino dell’umanità (cfr n. 1);
- l’unicità della famiglia umana (cfr n. 1);
- le religioni come ricerca di Dio o dell’Assoluto, all’interno delle varie etnie e culture (cfr n. 1);
- lo sguardo benevolo e attento della Chiesa sulle religioni: essa non rigetta niente di ciò che in esse vi è di bello e di vero (cfr n. 2);
- la Chiesa guarda con stima i credenti di tutte le religioni, apprezzando il loro impegno spirituale e morale (cfr n. 3);
- la Chiesa, aperta al dialogo con tutti, è nello stesso tempo fedele alle verità in cui crede, a cominciare da quella che la salvezza offerta a tutti ha la sua origine in Gesù, unico salvatore, e che lo Spirito Santo è all’opera, quale fonte di pace e amore.

Sono tanti gli eventi, le iniziative, i rapporti istituzionali o personali con le religioni non cristiane di questi ultimi cinquant’anni, ed è difficile ricordarli tutti. Un avvenimento particolarmente significativo è stato l’Incontro di Assisi del 27 ottobre 1986. Esso fu voluto e promosso da san Giovanni Paolo II, il quale un anno prima, dunque trent’anni fa, rivolgendosi ai giovani musulmani a Casablanca auspicava che tutti i credenti in Dio favorissero l’amicizia e l’unione tra gli uomini e i popoli (19 agosto 1985). La fiamma, accesa ad Assisi, si è estesa in tutto il mondo e costituisce un permanente segno di speranza.

Una speciale gratitudine a Dio merita la vera e propria trasformazione che ha avuto in questi 50 anni il rapporto tra cristiani ed ebrei. Indifferenza e opposizione si sono mutate in collaborazione e benevolenza. Da nemici ed estranei, siamo diventati amici e fratelli. Il Concilio, con la Dichiarazione Nostra ætate, ha tracciato la via: “sì” alla riscoperta delle radici ebraiche del cristianesimo; “no” ad ogni forma di antisemitismo e condanna di ogni ingiuria, discriminazione e persecuzione che ne derivano. La conoscenza, il rispetto e la stima vicendevoli costituiscono la via che, se vale in modo peculiare per la relazione con gli ebrei, vale analogamente anche per i rapporti con le altre religioni. Penso in particolare ai musulmani, che – come ricorda il Concilio – «adorano il Dio unico, vivente e sussistente, misericordioso e onnipotente, creatore del cielo e della terra, che ha parlato agli uomini» (Nostra ætate, 5). Essi si riferiscono alla paternità di Abramo, venerano Gesù come profeta, onorano la sua Madre vergine, Maria, attendono il giorno del giudizio, e praticano la preghiera, le elemosine e il digiuno (cfribid.).

Il dialogo di cui abbiamo bisogno non può che essere aperto e rispettoso, e allora si rivela fruttuoso. Il rispetto reciproco è condizione e, nello stesso tempo, fine del dialogo interreligioso: rispettare il diritto altrui alla vita, all’integrità fisica, alle libertà fondamentali, cioè libertà di coscienza, di pensiero, di espressione e di religione.

Il mondo guarda a noi credenti, ci esorta a collaborare tra di noi e con gli uomini e le donne di buona volontà che non professano alcuna religione, ci chiede risposte effettive su numerosi temi: la pace, la fame, la miseria che affligge milioni di persone, la crisi ambientale, la violenza, in particolare quella commessa in nome della religione, la corruzione, il degrado morale, le crisi della famiglia, dell’economia, della finanza, e soprattutto della speranza. Noi credenti non abbiamo ricette per questi problemi, ma abbiamo una grande risorsa: la preghiera. E noi credenti preghiamo. Dobbiamo pregare. La preghiera è il nostro tesoro, a cui attingiamo secondo le rispettive tradizioni, per chiedere i doni ai quali anela l’umanità.

A causa della violenza e del terrorismo si è diffuso un atteggiamento di sospetto o addirittura di condanna delle religioni. In realtà, benché nessuna religione sia immune dal rischio di deviazioni fondamentalistiche o estremistiche in individui o gruppi (cfr Discorso al Congresso USA, 24 settembre 2015), bisogna guardare ai valori positivi che esse vivono e che esse propongono, e che sono sorgenti di speranza. Si tratta di alzare lo sguardo per andare oltre. Il dialogo basato sul fiducioso rispetto può portare semi di bene che a loro volta diventano germogli di amicizia e di collaborazione in tanti campi, e soprattutto nel servizio ai poveri, ai piccoli, agli anziani, nell’accoglienza dei migranti, nell’attenzione a chi è escluso. Possiamo camminare insieme prendendoci cura gli uni degli altri e del creato. Tutti i credenti di ogni religione. Insieme possiamo lodare il Creatore per averci donato il giardino del mondo da coltivare e custodire come un bene comune, e possiamo realizzare progetti condivisi per combattere la povertà e assicurare ad ogni uomo e donna condizioni di vita dignitose.

Il Giubileo Straordinario della Misericordia, che ci sta dinanzi, è un’occasione propizia per lavorare insieme nel campo delle opere di carità. E in questo campo, dove conta soprattutto la compassione, possono unirsi a noi tante persone che non si sentono credenti o che sono alla ricerca di Dio e della verità, persone che mettono al centro il volto dell’altro, in particolare il volto del fratello o della sorella bisognosi. Ma la misericordia alla quale siamo chiamati abbraccia tutto il creato, che Dio ci ha affidato perché ne siamo custodi, e non sfruttatori o, peggio ancora, distruttori. Dovremmo sempre proporci di lasciare il mondo migliore di come l’abbiamo trovato (cfr Enc. Laudato si’, 194), a partire dall’ambiente in cui viviamo, dai piccoli gesti della nostra vita quotidiana.

Cari fratelli e sorelle, quanto al futuro del dialogo interreligioso, la prima cosa che dobbiamo fare è pregare. E pregare gli uni per gli altri: siamo fratelli! Senza il Signore, nulla è possibile; con Lui, tutto lo diventa! Possa la nostra preghiera – ognuno secondo la propria tradizione – possa aderire pienamente alla volontà di Dio, il quale desidera che tutti gli uomini si riconoscano fratelli e vivano come tali, formando la grande famiglia umana nell’armonia delle diversità.


Saluti:
 [Saluto cordialmente i pellegrini di lingua francese, in particolare i membri della Comunità San Giovanni, l’Università Cattolica dell’Ovest, l’Azione Cattolica dei Fanciulli e l’Educazione Cattolica di Avignone, come pure i fedeli venuti dalla Svizzera.
Vi invito a rinnovare la vostra preghiera e il vostro impegno per stabilire un dialogo fraterno e fruttuoso con quanti appartengono ad altre religioni, per costruire, con la grazia di Dio, un mondo di giustizia e di pace.
Che Dio vi benedica e vi protegga.]

I greet the English-speaking pilgrims and visitors taking part in today’s Audience, including those from England, Wales, Ireland, Sweden, Denmark, Finland, Nigeria, Israel, Australia, Indonesia, Japan and the United States of America.  In a particular way I greet the ecumenical delegation from Korea, and I renew my thanks to the representatives of the different religions who have joined us today.  God bless you all!
[Saluto i pellegrini di lingua inglese presenti all’odierna Udienza, specialmente quelli provenienti da Inghilterra, Galles, Irlanda, Svezia, Danimarca, Finlandia, Nigeria, Israele, Australia, Indonesia, Giappone e Stati Uniti d’America.  Rivolgo un saluto particolare alla delegazione ecumenica dalla Corea, e ringrazio di nuovo i rappresentanti delle diverse religioni presenti in quest’occasione.  Dio vi benedica tutti!]

[Un cordiale saluto rivolgo ai pellegrini di lingua tedesca, in particolare ai vicari giudiziali di varie Diocesi austriache, neerlandesi, svizzere e tedesche, riuniti in convegno a Roma. Saluto anche il Coro Montini e gli alunni del Realschule Maria Ward a Burghausen della Baviera. Preghiamo il Signore che il vostro pellegrinaggio a Roma possa essere un’esperienza viva della grande famiglia umana nell’armonia delle diversità. Dio vi benedica tutti.]

[Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini di lingua portoghese, in particolare ai fedeli di Cacém e Lisboa e ai pellegrini brasiliani di Rio de Janeiro, São Paulo, Alto do Rodrigues e Catanduva. Cari amici, siete chiamati ad essere lievito anche nella promozione del dialogo con le altre religioni e le persone di buona volontà, cercando di costruire insieme un mondo più fraterno e giusto. Dio vi benedica.]

[Saluto cordialmente i pellegrini di lingua spagnola, in particolare i partecipanti al V Congresso della Fondazione Joseph Ratzinger - Benedetto XVI, che si celebra a Madrid, così come i gruppi provenienti da Spagna e America latina. Grazie mille.]

[Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua araba, in particolare a quelli provenienti dal Medio Oriente! Cari fratelli e sorelle,il dialogo basato sul fiducioso rispetto può portare semi di bene che a loro volta diventano germogli di amicizia e di collaborazione in tanti campi, e soprattutto nel servizio ai poveri, ai piccoli, agli anziani, nell’accoglienza dei migranti, nell’attenzione a chi è escluso. Ricordatevi sempre che possiamo camminare insieme prendendoci cura gli uni degli altri e del creato! Il Signore vi benedica!]

 [Saluto cordialmente i Polacchi. Fratelli e sorelle, cinquanta anni fa fu promulgata la Dichiarazione sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane: essa ci mostra il compito particolare della Chiesa universale di rafforzare il dialogo tra gli uomini e tra le religioni. Durante il prossimo Giubileo Straordinario della Misericordia, dedichiamoci a questo compito attraverso la preghiera e con la sollecitudine per lo sviluppo di opere caritatevoli. A tutti coloro che intraprendono tali iniziative imparto la Benedizione.]
* * *
APPELLO
Siamo vicini alle popolazioni del Pakistan e dell’Afghanistan colpite da un forte terremoto, che ha causato numerose vittime e ingenti danni. Preghiamo per i defunti e i loro familiari, per tutti i feriti e i senza tetto, implorando da Dio sollievo nella sofferenza e coraggio nell’avversità. Non manchi a questi fratelli la nostra concreta solidarietà.


Rivolgo un cordiale benvenuto ai fedeli di lingua italiana.
Sono lieto di accogliere le Suore di San Giuseppe Benedetto Cottolengo e le Figlie di Gesù Buon Pastore in occasione dei rispettivi Capitoli Generali, incoraggiandole nel loro servizio al Vangelo e alla Chiesa.
Saluto i Diaconi del Collegio Sloveno; la Fondazione Pro Musica ed arte sacra; l’Associazione Emodializzati di Milano e gli Angeli della Vita di Giovinazzo.
Nel giorno della Festa dei Santi Simone e Giuda auguro che il ricordo degli Apostoli, primi testimoni del Vangelo, accresca la fede e incoraggi la carità.
Porgo un pensiero speciale ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. A conclusione del mese di ottobre invochiamo Maria, la Madre di Gesù. Cari giovani, imparate a pregarla con la preghiera semplice ed efficace del Rosario; cari ammalati, la Madonna sia il vostro sostegno nella prova del dolore; cari sposi, imitate il suo amore per Dio e per i fratelli!
Adesso, per finire questa udienza, invito tutti, ognuno per conto proprio, a pregare in silenzio. Ognuno lo faccia secondo la propria tradizione religiosa. Chiediamo al Signore che ci faccia più fratelli fra noi, e più servitori dei nostri fratelli più bisognosi. Preghiamo in silenzio.
[preghiera silenziosa]
E Dio ci benedica tutti!
  


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